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venerdì 22 gennaio 2010

Ti sparerei

tramite Come diventare il mio cane di chinaski7

Ti sparerei

Pur non avendo mai fatto del male a nessuno e pur essendo il tipo di persona che non farebbe mai del male a nessuno – fatta eccezione per il male psicologico, s’intende – non sono certo il tipo che sta appresso a quelle raccomandazioni o insegnamenti sulla bontà, il rispetto di questo e di quello eccetera, e non sono nemmeno, come qualcuno potrebbe pensare e anzi sicuramente pensa, compiaciuto per la mia presunta “cattiveria”, non sono affatto compiaciuto e a dire la verità non sono neanche affatto “cattivo”, è solo che, questo è il punto, se tu entri in casa mia senza il mio permesso, io ti sparo, tutto qui, io devo poterti sparare, lo stato mi dovrebbe garantire il diritto di sparare a chiunque entri in casa mia senza il mio permesso e il diritto di sparare a chiunque entri nella mia proprietà in generale.
È un pensiero che mi è venuto a Natale, quand’ero da Jisus e dal Padre per le feste che un ateo come me adora festeggiare e i parenti telefonavano di continuo – ma io non rispondo mai al telefono, perché ci sono pochissime probabilità di non trovare dall’altra parte un altro essere umano – e, soprattutto, facevano continue incursioni fisiche per recapitarci personalmente gli auguri, cosa che di solito fa sembrare tutti così felici, non so, forse sbaglio qualcosa io, sono sbagliato io, mi dico, forse ho sbagliato, ad esempio, quando quel mio cosiddetto parente ha voluto infrangere la legge non scritta ma ben conosciuta che non si fanno improvvisate in casa di Jisus specie quando ci sono io che sto giocando a un simulatore di Formula 1 e, dopo un quarto d’ora di insistenti scampanellate natalizie, sono andato alla porta e l’ho raggelato con il mio raggelante sguardo laser e, non sapendo del suo grave problema di ipocondria che non era ipocondria ma una malattia vera, l’ho cacciato inviandogli telepaticamente il messaggio non si fanno improvvisate in casa di Jisus specie quando ci sono io che sto giocando al simulatore di Formula 1 e non è previsto un secondo avvertimento.
Forse sì, ho sbagliato. Forse dovrei essere una persona migliore. O forse avrei dovuto sparargli, ecco, anche sparargli è una possibile soluzione, per l'appunto: farlo entrare, prenderlo per mano, portarlo davanti al computer e dirgli “Guarda qua” e sentirlo dire “Ah, giochi con il computer, eh?” e rispondergli “Vedi quella macchina nella sabbia? Sono io. Prima che tu suonassi il fottuto campanello non era nella sabbia, era in pista” e sperare, stringere forte forte gli occhi e sperare di sentirlo dire “Ah, va be’, ma non ti arrabbiare: è solo un gioco! Non è mica una cosa importante!” con tutti i punti esclamativi ai punti giusti e a quel punto prendergli la faccia tra le mani e dargli un grosso bacio sulla fronte e dirgli “Grazie! Grazie!” e lui “Perché?” e io “Aspetta qui” e poi farlo sedere e prendergli la mano e dirgli “Io vado a preparare una tazza di tè, così mi racconti per bene il tuo problema e ti giuro che insieme riusciremo a risolverlo perché tu sei sangue del mio sangue e io non posso accettare che il sangue del mio sangue sia in qualche modo turbato o preoccupato o afflitto da qualsivoglia pensiero”, poi salire di sopra, prendere il fucile, caricare due pallettoni, scendere di sotto e sparargli nelle ginocchia, sentirlo gridare “Ahi! Ma che fai?” e, caricando altri due pallettoni, rispondergli “Be’, ti sparo. Non è meravigliosamente paradossale e ironico che, ora, la mia gara di Formula 1 non sia più ‘solo un gioco’ ma stia per diventare l’evento più importante della tua non importante vita? Più importante per te che per me, addirittura”.
Che poi sarebbe la prova che non mi compiaccio del mio essere “cattivo” ma che voglio soltanto che vengano rispettati la preziosa solitudine e il necessario silenzio di cui mi circondo: non mi importa nulla delle intenzioni del disturbatore, infatti, cioè a me non interessa poter sparare solo a chi entra in casa mia per rubare o violentarmi o che altro, a me interessa poter mettere un cartello sul cancello d’ingresso con su scritto:



Aspetta, non suonare: ti sparerei.
Inoltre, ho collegato il tasto del pulsante a certi fili combinati a casaccio in modo che, premendolo, tu prenda una scossa elettrica sufficiente a farti srotolare la lingua sul petto come una cravatta. Perciò: non scavalcare, non lanciare sassi e sassolini, non telefonare e, per l’amor del cielo, non urlare, non metterti a urlare a tutta forza il mio nome per farti sentire, perché ti sparerei. “Ma come faccio a vederti?” piagnucoli? Semplice: mandami una mail. Una discreta, silenziosa, eventualmente ignorabile e, mi raccomando, è importante, ortograficamente corretta mail con su scritto “Ciao, sono X, devo vederti per il seguente motivo: [motivo]. Quando possiamo farlo? Ecco le modalità che ti propongo” eccetera. Tutto chiaro? Bene, ora vai.

Certo, un rapinatore sarebbe molto peggio. Tra un parente che viene a trovarmi per farsi una chiacchierata o per farmi gli auguri di Natale e un rapinatore che viene per fottermi soldi o televisori al plasma o fottermi letteralmente nella mia persona e magari pestarmi e, prima o dopo tutte queste cose, uccidermi, be’, ok, prendo il parente e sparo al rapinatore.
Ma nemmeno sparare al rapinatore si può, mi hanno detto, eppure, per quanto mi sforzi, ancora non sono arrivato a capire quale sarebbe il difetto di una legge che mi permetta di affiggere almeno il seguente cartello:

Aspetta, scassinatore, non scassinare questa porta: ti sparerei.
E non farmi appendere questo cartello su tutte le porte e le finestre o i minuscoli pertugi nei quali la tua minuscola mente di topo-rottame di fogna riesce a immaginare di riuscire a poterti infilare, perché sarebbe faticoso, esteticamente brutto (non ho pagato dei professionisti per farmi costruire questa lussuosa villa per poi deturparla con fogliettini di avvisi in sedici lingue compreso lo zampettese come se fosse una squallida lavagnetta o una bacheca universitaria) e inutile, perché il risultato sarebbe identico, ovvero tu morto nel mio cortile con i miei cani a bisticciarsi il cadavere. Capisco che hai avuto una vita più sfortunata della mia eccetera, ma, per favore, potresti andare a rimetterti in pari da qualche altra parte?. Ecco una lista di persone molto più ricche di me e con certe incantevoli figlie.

E, a fare da pendant, una legge che mi consenta di non andare in galera se ho sparato a qualcuno che si è introdotto furtivamente in casa mia. Anche qui: quale sarebbe il difetto? È per caso un diritto inalienabile dell’uomo andare a rubare in casa d’altri? Non credo. Tu non vai a rubare – visto che, vedi alle volte le coincidenze, la legge dice che non puoi –, e io non ti sparo. Semplice. Zero furti, zero morti, e vissero tutti felici e contenti.
Siccome non la fanno e anzi la legge dice cose tutte diverse, uno la deve aggirare in qualche modo, e allora si potrebbe mettere questo cartello:

Ciao.
Tu fai quello che vuoi, non voglio sapere niente. Ti informo, però, che nessuna legge mi vieta di correre tutto il tempo per casa imbracciando un fucile carico con il dito sul grilletto e che nessuna legge mi vieta di inciampare spesso, lasciando partire accidentalmente un colpo.
Le chiavi sono sotto lo zerbino, in bocca al lupo.

Sì, ok, lo so, ci arrivo da solo: questo risolve anche il problema dei parenti, è chiaro.

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