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venerdì 22 gennaio 2010

Dopo la Nba nasce la lega Kkk?

tratto da LaStampa.it del 22/01/2010
Articolo di Maurizio Molinari

Un campionato di basket a 12 squadre, senza giocatori afroamericani o nati all’estero: è la «All-American Basket Alliance» fondata nel profondo Sud degli Stati Uniti per «consentire ai bianchi di giocare a pallacanestro in maniera pulita», ovvero solo fra di loro.

Artefice dell’iniziativa è Don Lewis, imprenditore sportivo ad Augusta, in Georgia, che ha fatto sapere di aver ottenuto già l’iscrizione di squadre di almeno tre città - Augusta, Atlanta, sempre in Georgia, e Chattanooga in Tennessee - ognuna delle quali ha accettato di versare una quota d’iscrizione di 10 mila dollari. Il programma è di arrivare a 12 team tutti degli Stati del Sud-Est dell’America entro l’estate, quando inizierà il primo torneo, puntando poi ad allargarlo a «tutte le città della nazione».

Per Lewis, il cui soprannome è «Moose» (Alce), sono due i motivi che giustificano la creazione di una Lega di basket senza neri e stranieri. Primo: nella Nba i giocatori afroamericani sono oramai l’80 per cento, a livello di college le percentuali sono simili, e ciò significa che i bianchi vengono progressivamente emarginati da squadre e allenatori trovandosi nella necessità di avere «un campionato nel quale poter giocare».



Secondo: nella Nba dominata dagli afroamericani «si gioca il basket di strada» disseminato di mosse irregolari come «le spinte a chi sta fermo», i «colpi molto duri» e «perfino i giocatori che si aggrappano ai testicoli dell’avversario» senza che gli arbitri intervengano. Durante una recente partita dei «Washington Wizard» Gilbert Arenas è arrivato fino a portare un revolver nello spogliatoio, rimediando una sospensione che ha evidenziato «la necessità di procedere in una direzione migliore» osserva Lewis, secondo il quale «sono sicuro che le famiglie preferiranno portare i figli a vedere partite nelle quali si recupera la correttezza sportiva del basket».

Le accuse allo «street-basket» hanno un risvolto politico perché il presidente americano Barack H. Obama spesso dice di essere abile proprio in questo stile di gioco «dove si vince sgomitando» senza fare troppi complimenti sotto canestro. Resta da vedere se Don Lewis riuscirà nell’intento di far partire il campionato riservato a soli maschi bianchi americani.

L’indirizzo della nuova associazione ad Atlanta, in Georgia, non è stato reso pubblico «per ragioni di sicurezza» mentre il sindaco di Augusta, Deke Copenhaver, si è affrettato a dirsi «contrario all’iniziativa in quanto nuoce al duro lavoro condotto per l’integrazione fra comunità diverse» e Dip Metress, direttore del basket maschile alla Augusta State University, parla di idea «malsana» dicendosi sicuro che «nessuno finanzierà mai qualcosa di simile perché il basket oramai è un gioco internazionale e imporgli qualsiasi limite etico o nazionale significa essere perdenti».

Ma Don Lewis respinge le critiche e va avanti sulla sua strada: ha formalmente lanciato la «All-American» nel giorno in cui gli Stati Uniti ricordavano Martin Luther King - il protagonista delle battaglie contro la segregazione negli anni Sessanta -, rilascia interviste a raffica sui periodici sportivi e fa appello all’«adesione dei bianchi che giocano in campionati professionisti nei quali al momento vengono emarginati». Il richiamo all’orgoglio bianco sui campi da basket è arricchito anche dalla descrizione puntigliosa dell’etnicità dei giocatori che saranno ammessi nella nuova Lega: «Entrambi i genitori dovranno essere di razza caucasica». Come dire, basterà averne uno solo afroamericano per non essere accettati.

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